Un racconto affascinante e coinvolgente senza tralasciare paure, riflessioni ed emozioni. La potatura di quegli olivi non è un lavoro come un altro: “iniziai a girare intorno all'olivo, quasi a chiedergli il permesso a intervenire.” Tra un mosaico bizantino e lo sguardo che si perde verso la cupola d'oro
E' vero, può essere questione di destino, di incastri perfetti tra tempi e spazi, ma quando si impara ad ascoltarsi e a seguire quello che abbiamo dentro certe casualità sono il frutto di un seme che getti tu.
La mia passione per la natura è in me da sempre.
Ho iniziato piantando frutti, coltivando l'orto e potando gli olivi con il mio caro nonno. E' da quel dì che ho portato avanti questa “tradizione” fino a farla diventare una professione.
Gerusalemme mi ha accolto con un cielo azzurrissimo e un temperatura da primavera inoltrata, nonostante fosse ancora inverno.
Sembrerà poi un paradosso, data la situazione politica di quella terra, ma posso assicurare che l'aria che si avverte lì è di tranquillità e pace.
Ero già molto emozionato quando sono stato accompagnato in quello che sarebe stato il mio alloggio, vicino a Betlemme. Eravamo vicini a Natale, lascio quindi immaginare la magia che regalava ogni angolo di quel luogo.
Il giorno successivo è iniziata la mia avventura. La sensazione di pace e tranquillità che avevo avvertito inizialmente ha lasciato spazio a un momento di incredulità e sgomento. Due ore prima un'attentato in un Sinagoga aveva fatto una decina di morti. La conseguenza fu continui controlli e posti di blocco a ogni chilometro.
Finalmente siamo arrivati ai Gestemani, che la tradizione tramanda come l'orto in cui Gesù si appartava per pregare. E' stato allora che mi hanno presentato i famosi olivi: piante bellissime, alcune con il tronco quasi fossilizzato. L'occhio è andato a cadermi proprio su uno di questi tronchi. Emetteva ancora polloni, chiaro segno di voglia di resistenza e di vita.
Nasce spontaneo il desiderio di stare lì, di fronte a loro, tutto il giorno, in contemplazione. Impossibile data la grande confusione turistica.
Poco dopo ci siamo mossi verso il Romitaggio.
Pur essendo proprio a ridosso dell'orto, sembrava di essere in un altro luogo. Man mano che salivo le voci dei visitatori si facevano lontane e il silenzio prevaleva sempre di più.
Là, ad accogliermi, c'era Fra Diego, un giovane francescano molto intelligente, pragmatico e dalle spiccate doti organizzative, oltre che umane. Dopo una breve descrizione del luogo mi ha consegnato gli arnesi da lavoro, non fra i più adatti a trattare queste piante storiche. Ma il convento passava questo... nel vero senso della parola.
Una volta solo davanti agli olivi sono cominciate le mie preoccupazioni. Si notavano infatti evidenti errori di precedenti interventi. Sono partito dunque immediatamente con la sega, trovandomi però stranamente bloccato. Come taglio? Mi sono chiesto.
La cupola d'oro che vedevo davanti a me mi ricordava di non essere in un'oliveta come le altre.
La basilica che avevo a fianco mi urlava che non ero in una fattoria.
I miei pensieri allora? “E ora? Taglio o non taglio? Lascio il seghetto, meglio le forbici, forse faccio meno danno.”
Iniziai a girare intorno all'olivo, quasi a chiedergli il permesso a intervenire. Poi cominciai a potare. Sistemai il primo olivo in un tempo “record” (due ore e mezzo) ma non mi sentivo soddisfatto.
La seconda pianta aveva ancora delle olive, che mi hanno invitato ad un assaggio e a un confronto con le nostre di Toscana. Un sapore dolce ma anche, in qualche modo più marcato, quasi fossero state cotte al forno.
Dopo questo primo impatto la potatura iniziò a procedere più spedita, con la media di un'ora a pianta. D'altra parte non potevo rischiare una brutta figura e sapevo bene che i giudizi sul mio operato non sarebbero mancati.
Mentre portavo avanti il mio lavoro, riflettevo sulla grande opportunità capitatami: potare gli olivi più famosi al mondo.
Senza voler sconfinare nel religioso debbo ammettere, senza voler condizionare nessuno, che lì si respira un'aria davvero particolare.
Così si è conclusa la mia prima giornata ai Gestemani, con lo sguardo che mi è caduto su un mosaico bizantino rinvenuto proprio a ridosso della pianta che stavo potando. Tra un colpo di forbici e qualche pensiero il sole è calato su Gerusalemme. Impressionanti i raggi riflessi sulla cupola d'oro accompagnati dai rintocchi a festa di una campana lontana. E in sottofondo, il canto del Muezzin che echeggiava nella valle del Cedron.
La mia passione per la natura è in me da sempre.
Ho iniziato piantando frutti, coltivando l'orto e potando gli olivi con il mio caro nonno. E' da quel dì che ho portato avanti questa “tradizione” fino a farla diventare una professione.
Poto gli olivi da una vita ma quando ho ricevuto quella telefonata che mi proponeva un intervento nel romitaggio dei Getsemani ho avuto la sensazione di non aver mai potato. E in effetti era così. Toccare gli olivi dei Getsemani era una cosa diversa.
Con onore ed entusiasmo ho accettato quella proposta destinata ad essere conservata indelebile nella mia memoria e nel mio percorso formativo.Gerusalemme mi ha accolto con un cielo azzurrissimo e un temperatura da primavera inoltrata, nonostante fosse ancora inverno.
Sembrerà poi un paradosso, data la situazione politica di quella terra, ma posso assicurare che l'aria che si avverte lì è di tranquillità e pace.
Ero già molto emozionato quando sono stato accompagnato in quello che sarebe stato il mio alloggio, vicino a Betlemme. Eravamo vicini a Natale, lascio quindi immaginare la magia che regalava ogni angolo di quel luogo.
Il giorno successivo è iniziata la mia avventura. La sensazione di pace e tranquillità che avevo avvertito inizialmente ha lasciato spazio a un momento di incredulità e sgomento. Due ore prima un'attentato in un Sinagoga aveva fatto una decina di morti. La conseguenza fu continui controlli e posti di blocco a ogni chilometro.
Finalmente siamo arrivati ai Gestemani, che la tradizione tramanda come l'orto in cui Gesù si appartava per pregare. E' stato allora che mi hanno presentato i famosi olivi: piante bellissime, alcune con il tronco quasi fossilizzato. L'occhio è andato a cadermi proprio su uno di questi tronchi. Emetteva ancora polloni, chiaro segno di voglia di resistenza e di vita.
Nasce spontaneo il desiderio di stare lì, di fronte a loro, tutto il giorno, in contemplazione. Impossibile data la grande confusione turistica.
Poco dopo ci siamo mossi verso il Romitaggio.
Pur essendo proprio a ridosso dell'orto, sembrava di essere in un altro luogo. Man mano che salivo le voci dei visitatori si facevano lontane e il silenzio prevaleva sempre di più.
Là, ad accogliermi, c'era Fra Diego, un giovane francescano molto intelligente, pragmatico e dalle spiccate doti organizzative, oltre che umane. Dopo una breve descrizione del luogo mi ha consegnato gli arnesi da lavoro, non fra i più adatti a trattare queste piante storiche. Ma il convento passava questo... nel vero senso della parola.
Una volta solo davanti agli olivi sono cominciate le mie preoccupazioni. Si notavano infatti evidenti errori di precedenti interventi. Sono partito dunque immediatamente con la sega, trovandomi però stranamente bloccato. Come taglio? Mi sono chiesto.
La cupola d'oro che vedevo davanti a me mi ricordava di non essere in un'oliveta come le altre.
La basilica che avevo a fianco mi urlava che non ero in una fattoria.
I miei pensieri allora? “E ora? Taglio o non taglio? Lascio il seghetto, meglio le forbici, forse faccio meno danno.”
Iniziai a girare intorno all'olivo, quasi a chiedergli il permesso a intervenire. Poi cominciai a potare. Sistemai il primo olivo in un tempo “record” (due ore e mezzo) ma non mi sentivo soddisfatto.
La seconda pianta aveva ancora delle olive, che mi hanno invitato ad un assaggio e a un confronto con le nostre di Toscana. Un sapore dolce ma anche, in qualche modo più marcato, quasi fossero state cotte al forno.
Dopo questo primo impatto la potatura iniziò a procedere più spedita, con la media di un'ora a pianta. D'altra parte non potevo rischiare una brutta figura e sapevo bene che i giudizi sul mio operato non sarebbero mancati.
Mentre portavo avanti il mio lavoro, riflettevo sulla grande opportunità capitatami: potare gli olivi più famosi al mondo.
Senza voler sconfinare nel religioso debbo ammettere, senza voler condizionare nessuno, che lì si respira un'aria davvero particolare.
Così si è conclusa la mia prima giornata ai Gestemani, con lo sguardo che mi è caduto su un mosaico bizantino rinvenuto proprio a ridosso della pianta che stavo potando. Tra un colpo di forbici e qualche pensiero il sole è calato su Gerusalemme. Impressionanti i raggi riflessi sulla cupola d'oro accompagnati dai rintocchi a festa di una campana lontana. E in sottofondo, il canto del Muezzin che echeggiava nella valle del Cedron.
di Marco Peruzzi
pubblicato il 27 marzo 2015 in Racconti > Fuori dal coro
pubblicato il 27 marzo 2015 in Racconti > Fuori dal coro